Notule
(A cura di LORENZO L. BORGIA &
ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE -
Anno XIX – 24 settembre 2022.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale
di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a
notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la
sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia
del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Effetto su ansia e depressione dell’esercizio
aerobico e dell’esercizio sulla forza. Durante
questa pandemia, T. S. da Costa e colleghi dell’Università di San Paolo in
Brasile hanno studiato gli effetti sui livelli di ansia, sullo stato depressivo
e sulla percezione soggettiva di salute e benessere psicologico del training
di tipo aerobico, di quello centrato sulla forza muscolare e di
uno stile di vita prevalentemente sedentario.
I risultati sono chiari: coloro che praticano esercizi
aerobici hanno presentato i livelli più bassi di ansia e stato depressivo;
ossia uno stato psichico migliore sia dei sedentari sia di quelli sottoposti a
regime di sforzi ginnici anaerobici. Ma ancora più interessante è l’esito della
comparazione con un quarto gruppo, costituito da praticanti di esercizi sia
di sport aerobici sia di sport anaerobici, ossia centrati sulla forza muscolare:
questo gruppo ha presentato in assoluto l’esito migliore, con la percezione
soggettiva di salute psicofisica, benessere e serenità. [Eur Rev Med Pharmacol
Sci. 26 (15): 5601-5610, 2022].
Regolazione epigenetica del
disturbo sinaptico nella malattia di Alzheimer. Prima
della perdita massiccia di neuroni dovuta alla patologia beta-amiloide e tau
nell’evoluzione neurodegenerativa delle fasi più avanzate, nella malattia di
Alzheimer si hanno alterazioni dei recettori post-sinaptici, di costituenti
della giunzione e delle spine dendritiche, con una conseguente patologia
sinaptica che interessa memoria, apprendimento e altri processi cognitivi. La
causa è nei cambiamenti della regolazione epigenetica, che include la
metilazione del DNA, l’interferenza RNA e la modificazione istonica. Zhiying Chen e colleghi fanno il punto delle conoscenze in
questo campo. [Front Neurosci. – AOP doi:
10.3389/fnins.2022.888014.eCollection, 2022].
Prolunga la vita l’attività fisica
costante indipendentemente dal profilo genetico. In 5.446
donne, misurando l’attività motoria con l’accelerometro e valutando la
proporzione del tempo sedentario, è stata stimata la longevità in rapporto al
GRS (genetic risk score). Alexander
Ivan B. Posis e colleghi hanno rilevato l’importanza
di un’alta attività motoria quotidiana con bassa sedentarietà nel ridurre la
mortalità, indipendentemente dalla genetica e da altri fattori. [Cfr. Journal of Aging and Physical Activity –
AOP doi: 10.1123/japa.2022-0067, 2022].
Nodi
da sciogliere nel rapporto mente-cervello: come si formano le nostre categorie?
Gerald Edelman
chiamò “categorizzazione percettiva” l’organizzazione delle memorie sensoriali
sulla base della selezione dei gruppi neuronici, che consente all’animale la
distinzione e il riconoscimento degli stimoli. Similmente denominò “categorizzazione
concettuale” il processo equivalente di livello astratto[1]. Ma in realtà il cervello non crea categorie
secondo il significato che si attribuisce comunemente al termine categoria,
ossia di insieme intenzionalmente selezionato di elementi accomunati dal
possesso di caratteri individualmente necessari e congiuntamente sufficienti,
ma determina il costituirsi di aree di memoria internamente omogenee e fra
loro distinte che ricordano per alcuni aspetti le categorie che l’uomo produce
seguendo i criteri della logica (Giuseppe Perrella).
Non solo
il processo neurofisiologico elementare di organizzazione delle informazioni
non equivale a una categorizzazione classica, ma anche il modo spontaneo e
psicologico di creare insiemi o considerare appartenenze obbedisce a criteri
diversi. Wittgenstein fu tra i primi a rendersi conto di questo scarto tra le
categorie della logica e il modo intuitivo della gente di formare insiemi,
secondo criteri tanto estesamente condivisi da costituire una base della
comprensione delle conversazioni.
Studiando
quei casi concreti in cui si fanno appartenere a gruppi concettuali degli
elementi apparentemente eterogenei, Wittgenstein diede una sua rigorosa
definizione di insieme polimorfo[2], poi notò che per alcuni insiemi era possibile
riconoscere gradi di appartenenza senza poter definire confini netti, e
che in alcuni casi si potevano riconoscere in un insieme elementi più rappresentativi
di altri o prototipici.
Le idee
di Wittgenstein sono state poste al vaglio sperimentale e sostanzialmente
confermate. Brent Berlin e Paul Kay
hanno dimostrato che le categorie del colore sono concepite dall’uomo con gradi
di appartenenza e centralità; Roger Brown ha dimostrato che i bambini piccoli
per designare le cose spontaneamente usano nomi dettati da suggestione di
somiglianza o appartenenza e mai seguendo criteri di generalità o di
specificità; Eleanor Rosch e colleghi hanno mostrato la
validità dei concetti di somiglianza di famiglia, di centralità e
di prototipicità: nell’uso intuitivo, ad
esempio, non è il cavallo nella categoria dei quadrupedi, ma viceversa.
Lance Rips ha dimostrato che né la similarità né la tipicità
rendono conto pienamente del grado di appartenenza a una categoria e che il meccanismo
che porta all’attribuzione del grado di appartenenza a una categoria non è un
ragionamento deduttivo. Fra i risultati più interessanti degli studi di Lawrence
Barsalou vi è che i concetti che rappresentano una
categoria variano moltissimo: non solo individui differenti rappresentano una
categoria in modo diverso, ma la stessa persona può cambiare la visione di
appartenenza a una categoria a seconda del contesto.
Daniel Kahneman e Amos Tversky hanno rilevato
che i giudizi spontanei di categoria spesso non rispettano le ragioni e il buon
senso della probabilità, in tal modo contribuendo a demolire l’idea che la
concettualizzazione sia la conseguenza di una categorizzazione logica e
oggettiva.
Tutti
questi studi dimostrano che in molti casi ciò che chiamiamo “categoria” è solo
un’area di senso costituita nel cervello sulla base di ragioni biologiche e impressioni
intuitive del soggetto. Il problema è stato affrontato e risolto molto tempo fa
dal nostro presidente sulla base della sua visione dei processi di formazione
delle memorie esecutive dipendenti dalla percezione non come categorizzazione
ma come campionamento percettivo: la spinta selettiva di adattamento verso
la risposta più efficiente e discriminata determina come
conseguenza la conservazione distinta e ordinata di funzioni
corrispondenti agli stimoli, realizzando come epifenomeno un campionamento.
Giuseppe Perrella ha dimostrato che, il campionamento concettuale che
deriva da quello percettivo, in parte si basa proprio su prototipicità,
rappresentatività, emblematicità, centralità, ecc.
come conseguenze di una struttura a “target” con intensità decrescente dal
centro alla periferia dei nuclei di apprendimento[3]. [BM&L-Italia, settembre 2022].
Il falso problema degli “uomini
asessuali” rivela una deriva ideologica nella nosografia. Attualmente
sono definiti “asessuali” i pazienti che non provano attrazione sessuale evocata
dai tratti erotici dei membri del sesso opposto rispetto all’orientamento del
soggetto. In uno studio, condotto da Malvina Skorska
e colleghi, sono stati posti a confronto 20 uomini asessuali, 27 eterosessuali
e 22 omosessuali cis-gender men. Per misurare l’eccitazione genitale sono
stati tutti sottoposti a rilevazione pletismografica penile
durante la visione di video che andavano dalla lunga ripresa di una bella
ragazza che si masturba a rapporti di coppia. Per conoscere le reazioni
psichiche soggettive, tutti i partecipanti sono stati sottoposti a questionari
standardizzati.
Rispetto agli omosessuali e agli eterosessuali, gli
uomini asessuali presentavano una più bassa eccitazione genitale e psichica ai
film erotici ma, quando richiesti di impegnarsi in fantasie sessuali, presentavano
reazioni simili agli altri. I risultati di questo studio inducono gli autori a
concludere che i cosiddetti “uomini asessuali” abbiano soltanto una sensibilità
diversa da quella della maggioranza degli altri eterosessuali e degli
omosessuali.
Noi notiamo che, alle numerose critiche intuitive
alla categoria diagnostica degli “asessuali”, si deve aggiungere un’osservazione:
le reazioni sessuali sono risposte biologiche fisiologicamente connesse con la
funzione riproduttiva e il giudizio di normalità per queste risposte deve
essere formulato su base biologica, e non in base a un modello sottoculturale secondo
cui è normale una persona che si eccita con la pornografia ed è asessuato un
uomo che è infastidito dalla volgarità degli sfoghi fisici altrui e si eccita
in privato solo con la propria partner o con le proprie personali fantasie.
[Cfr. Skorska
M. N., et al. J Sex Res. AOP - doi: 10.1080/00224499.2022.2071411, 2022].
Il mistero di un’antica lingua scoperta
nel Nord Est dell’India sembra quasi risolto. Non avevamo
ancora le “Notule” nell’ottobre del 2010, e quindi non potemmo documentare online
il nostro interesse per la scoperta di una nuova lingua chiamata Koro e parlata
da sole 800 persone[4] nell’Arunachal
Pradesh, uno stato di Nord-Est del subcontinente indiano al confine con Bhutan
e Cina. Un idioma sconosciuto ai linguisti, che si misero subito all’opera per
individuarne origini, storia, struttura e rapporti con le altre lingue.
Il mistero era la radicale differenza fonetica, vocale,
fono-articolatoria, prosodica, lessicale, grammaticale e di struttura cognitiva
con tutti gli altri idiomi dell’area geografica circostante.
Le lingue indiane settentrionali sono così numerose e
fra loro in rapporti spesso tanto complessi che è necessaria una competenza specialistica
solo per orientarsi nella loro distinzione, ma un filo di Arianna in questo
labirinto è sempre stato costituito dalla scrittura. Infatti, tutte le
lingue parlate nei territori indiani, sia autoctone sia provenienti da altri
paesi, erano rese con due soli codici grafici: la scrittura di Kharosta, che vuol dire “Labbro d’asino” ed era il
soprannome dello scriba suo probabile inventore, e la scrittura di Brāhma o brahmī[5].
La scrittura era ritenuta di origine divina, come
peraltro le stesse lingue, cui tutte le culture arcaico-antiche attribuivano
provenienza metafisica, pertanto rimane di notevole interesse il modo in cui la
scrittura era concepita, trattata e impiegata. Non meraviglia che molti le
attribuissero un potere magico latente e supponessero di poterlo rendere attivo
attraverso le giuste combinazioni di vocaboli: le frasi vergate, tracciate,
incise e scolpite sono ritenute come una traccia leggibile per intelligenze
immateriali. Il rapporto con la religione è strettissimo e anche l’uso politico
e legislativo[6] della
scrittura derivano dalla dimensione rituale, perché i governi di quelle civiltà
antiche avevano quasi sempre carattere teocratico. Da quando le due forme di
scrittura delle lingue erano state introdotte in India, avevano costituito un fattore
di omologazione, ma soprattutto avevano fornito tracce storiche e vincoli di
notazione verbografica della pronuncia di grande
aiuto per i linguisti.
La scrittura di Kharosta o
kharostī deriva dalla scrittura dell’aramaico,
la lingua veicolare diffusa dal Nord Africa all’Oriente, che possiamo
paragonare nell’uso all’inglese moderno e che fu impiegata da Gesù di Nazareth per
farsi intendere da tutti i suoi ascoltatori, indipendentemente dall’etnia di
provenienza. La kharostī come l’aramaico
si scriveva da destra a sinistra. La scrittura di Brāhma
o brahmī ha origini oscure, semitiche e
forse fenicie, e fu introdotta in India tra l’800 e il 400 a.C., ha verso da
sinistra a destra e non ha grafemi per le consonanti, ma 32 segni sillabici, 4
vocalici più l’anusvāra che indica la
pronuncia nasale. La brahmī nel IV secolo
fu modificata dalla dinastia Gupta, e perciò chiamata gupta[7], e come
tale diffusa dai monaci buddisti in Asia Centrale.
Sulla base di queste conoscenze, nel 1908 si scoprì
in testi centroasiatici una nuova lingua indoeuropea: il tocario,
che aveva due varietà di scrittura. Inizialmente fu identificata con l’antica
lingua degli abitanti del Tuxāristān di cui
parla Strabone e altri geografi greci, ma poi si dimostrò che quel popolo era
stanziato a distanza dai ritrovamenti e che, sulla base di ragionevoli
inferenze, doveva parlare un idioma iranico.
Dunque, il ritrovamento di iscrizioni e testi
contestualizzati in termini di storia geografica costituisce la principale
risorsa per tracciare l’identikit di una lingua antica di nuova
scoperta.
Il Koro, la lingua scoperta nell’Arunachal Pradesh da
Gregory Anderson, David Harrison e Ganesh Murmu
supportati da National Geographic, non è mai stata scritta in alcun modo,
e nessuno, prima degli scopritori, aveva mai provato a registrarne la traccia.
Il mistero si infittisce: perché nessuno l’ha mai scritta? La domanda è più che
legittima alla luce del fatto che non si tratta di un dialetto di altre lingue
circostanti.
Si è detto della profonda differenza con tutti gli altri
idiomi indiani per il modo in cui si parla questa lingua, nell’impostazione
vocale, nel dar fiato ai foni, nell’atteggiamento del velopendulo del palato
molle, nei movimenti di lingua e labbra, al punto che Harrison ha detto: “Suonano
diversi come l’inglese e il giapponese”, ma ciò che più colpisce è la
differenza nel lessico. Nell’area himalaiana immediatamente vicina si parlano
due lingue: l’Aka e il Miji.
I parlanti l’Aka, come i parlanti il Koro, coltivano
riso e orzo e allevano maiali. In Aka, maiale
si dice “vo”, in Koro si dice “lele”.
Se il Koro, che sembra avere una propria e
particolare grammatica e sembra appartenere alla famiglia linguistica del
tibetano e del burmese, non ha una scrittura, vuol dire che non è mai stato
lingua di un popolo con proprie istituzioni religiose e politiche. Harrison ha
formulato un’ipotesi e sta lavorando alla raccolta di prove a sostegno di
questa possibilità: l’etnia che parla questo idioma misterioso non è autoctona
e potrebbe essersi formata progressivamente come comunità in quel luogo all’epoca
della tratta degli schiavi in India.
Questa interpretazione spiegherebbe molte cose, e
prima fra tutte la mancanza di scrittura: il Koro come lingua degli schiavi sarebbe
sopravvissuto grazie alla trasmissione familiare in una condizione forzatamente
endogamica. In attesa di smentite o conferme, il Koro prova che un’esclusiva
trasmissione orale può conservare lessico e grammatica attraverso i secoli. [BM&L-Italia,
settembre 2022].
Notule
BM&L-24 settembre 2022
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La
Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International
Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] La categorizzazione percettiva è
basata sulla formazione di “mappe”, quella concettuale – secondo Edelman –
consiste in “mappe di mappe”.
[2] Forse non perfetta in termini
matematici, ma efficace in termini logici.
[3] Nei suoi scritti sono definiti nuclei
di memoria quelli formati dall’esperienza percettiva della specie, e nuclei
di apprendimento quelli formati dall’esperienza individuale nel corso della
vita.
[4] Attualmente se ne contano circa
1500.
[5] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona, Storia Universale della Scrittura, p. 223, CDE su licenza della Arnoldo
Mondadori Editore, Milano, 1986.
[6] Nella mitologia greca Nomos
è una divinità che incarna lo spirito delle leggi e interviene nella scrittura
di editti, statuti e ordinanze, sua moglie è Eusebia (la Pietà) e
sua figlia è Dike (la Giustizia).
[7] In gupta
sono scritte due nuove lingue scoperte nel Novecento.